Ambiente di lavoro: la temperatura giusta migliora il benessere e la produttività


Dopo aver accennato, la scorsa settimana, ad alcune  problematiche connesse ad una scorretta illuminazione nell’ambiente di lavoro e alle conseguenze tanto sulla produttività quanto sul benessere del personale, facciamo ora alcune puntualizzazioni anche  sulle conseguenze che una scorretta  temperatura genera in un ambiente di lavoro, che sia una fabbrica o un ufficio.

E’ noto a tutti come diversa sia la reazione del corpo umano alla temperatura esterna a seconda che si trovi a riposo o in attività. Se siamo in attività, il nostro metabolismo genera una quantità di calore maggiore e, per  conservare la temperatura normale, il corpo deve eliminare il calore in eccesso attraverso la traspirazione, cedendo, quindi, calore all’ambiente circostante che dovrebbe essere  in grado di assorbirlo e quindi dare il giusto raffreddamento al corpo.
Lo stesso fenomeno avviene anche quando il lavoro è sedentario, ma il luogo in cui ci troviamo è eccessivamente caldo.



Questo processo fisiologico, poi, non è condizionato solo dalla temperatura, ma anche dall’umidità. Maggiore è la temperatura e il  grado di umidità, maggiore è la difficoltà del corpo a raffreddarsi e a raggiungere il benessere necessario per lavorare produttivamente e serenamente.
Non solo, ma è molto importante anche la circolazione dell’aria nel condizionare il potere di raffreddamento dell’ambiente e del corpo umano, perché la mancanza di una adeguata ventilazione determina l’impossibilità a disperdere adeguatamente il calore in eccesso.
La scarsa ventilazione produce un calo di rendimento, che è particolarmente significativo quando si tratta di un lavoro fisico, perchè in questo caso, come ricordato, viene prodotta maggiore quantità di calore.
Numerosi sono gli studi fatti su questa tematica, soprattutto nei confronti del lavoro nelle fabbriche, perché in questi luoghi non viene condizionata solo la resa produttiva, ma anche il numero degli incidenti e, soprattutto, la loro gravità.

Ora, gli studi fatti hanno dimostrato che quando non si abbassa sufficientemente la temperatura e l’ambiente di lavoro resta troppo caldo, aumentano gli incidenti, la loro gravità, la necessità di prolungare la durata delle pause di riposo e diminuisce, naturalmente, il rendimento.
Gli studi di Osborne, Ethel e Vernon hanno dimostrato che il numero degli incidenti diminuiva sensibilmente con temperature tra i 20 e i 22 gradi, mentre aumentava del 30% se si superavano  i 24 gradi.
In un ufficio è raro che avvengano incidenti, ma quanto detto sopra si applica alla stanchezza, all’aumento degli errori e ad uno stato di malessere generale.

In Italia esistono delle norme che riguardano la regolazione della temperatura negli ambienti di lavoro, norme emanate dal Ministero competente. Se è vero che queste norme hanno come primario obiettivo il risparmio energetico, è altrettanto vero che le loro indicazioni corrispondono a quanto emerso dagli esperimenti fatti dagli psicologi del lavoro sia Statunitensi che Tedeschi, sopra sinteticamente citati.
E’ il DPR n,. 74 del 16 Aprile 2013 che spiega tutto quello che si deve sapere sulla temperatura da tenere negli ambienti di lavoro.
In breve, la temperatura da tenere negli uffici durante l’inverno deve essere tra i 20 e i 22 gradi, mentre d’estate l’aria condizionata deve oscillare tra i 24 e i 26 gradi.

Nello stesso tempo d’estate bisogna prestare attenzione anche allo sbalzo termico, che si consiglia non debba superare i 7 gradi.
Anche l’INAIL ha, a suo tempo, emanato una guida per un corretto utilizzo dell’aria condizionata. Quando l’aria condizionata è in funzione le finestre devono ovviamente restare chiuse. Si possono aprire nelle ore più fresche di prima mattina o di sera, per un ricambio d’aria.

La guida rilasciata dall’INAIL sull’aria condizionata spiega anche come sia importante il posizionamento dei condizionatori: i diffusori non devono sparare l’aria direttamente sul posto in cui operano i lavoratori.
Infine, poiché, come è noto, uno dei fattori che influiscono sulla percezione della temperatura è l’umidità, in ufficio un buon livello dovrebbe essere tra il 40% e il 60%. Se si scende sotto la soglia del 35%, potrebbero esserci problemi per la salute, come quando si sale al di sopra dell’80%.
Da tener presente anche che l’aria condizionata abbassa non solo la temperatura, ma pure l’umidità, e quindi anche la temperatura percepita, pertanto nel regolarla  è bene tener presente anche questo parametro.

E che dire del rumore? Trascuriamo qui il collegamento tra rumore e la diminuzione o, addirittura, la perdita dell’udito, visto che in nessun ufficio vi possono essere rumori tali da determinarli, e che, ormai, nelle fabbriche e nei cantieri si utilizzano le dovute precauzioni da tempo.

Prendiamo in considerazione il rumore solo come fonte di distrazione e, quindi, di stress. I numerosi studi fatti al riguardo, pur concludendo unanimemente che il rumore è la fonte principale di distrazione negli uffici, hanno dato risultati discordanti.
Questo perché non tutti hanno la stessa sensibilità o intolleranza al rumore, e poi perché vi sono operazioni quasi automatiche su cui il rumore ha scarsa efficacia distrattiva,  dato che richiedono poca attenzione, o infine perché non tutti i tipi di rumore sono uguali né uguale è la loro intensità o la loro frequenza.
Gli studi di F.K. Berrien hanno dimostrato, ad esempio, che i rumori intermittenti o irregolari disturbano più dei rumori continui e i toni alti disturbano di più di quelli intermedi o bassi e che a volte alcuni effetti negativi di un rumore dipendono anche dalla reazione emotiva dell’individuo ad un certo stimolo rumoroso.

Vi è, tuttavia, un risultato in cui tutti gli studi concordano: nel tentativo di neutralizzare la distrazione i soggetti sono costretti a produrre un eccessivo sforzo di concentrazione. Ne consegue che mentre riescono a mantenere efficienza e rendimento, nonostante le condizioni di disturbo provocate dal rumore, nel farlo spendono molta più energia; quindi il lavoro in queste circostanze diviene maggiormente stressante per l’organismo, con tutte le conseguenze determinate dall’affaticamento  più sopra ricordate. (Freeman S.J, Harmon F.L., Laird D.A.)

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